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La cura nei contesti di malattia
La malattia può mettere in discussione aspetti profondi del Sé: la percezione di controllo, la continuità della propria identità, l’immagine di sé come competente o autonomo. Molto spesso la sofferenza non deriva solo dai sintomi, ma dal significato che essi assumono all’interno della propria storia: sentirsi vulnerabili, dipendenti, limitati o “diversi” può riattivare temi e schemi personali profondamente radicati. In terapia esploriamo questi significati, cercando di riconoscere le emozioni primarie che la malattia evoca — paura, tristezza, vergogna — e i modi in cui la persona tenta di proteggerle, a volte attraverso rabbia, evitamento o iper-controllo.
Il percorso terapeutico mira ad aiutare il paziente a rielaborare e integrare la malattia nella propria narrativa, riconoscendo ciò che cambia ma anche ciò che rimane integro e vitale. Attraverso un’esplorazione rispettosa e condivisa, si dà la possibilità alla persona di costruire nuove forme di significato, più coerenti e meno minacciose. In questo modo, la persona può recuperare un senso di competenza personale, individuare margini di scelta e sviluppare modalità più flessibili per affrontare la propria condizione.
Per fare ciò, risulta fondamentale riorganizzare la propria esperienza affinché la malattia diventi parte di un percorso personale più ampio e non un elemento che definisca tutto il Sé. Così facendo, si favorisce continuità, dignità e possibilità, anche nei momenti di maggiore fragilità.
Ho maturato questa esperienza a partire dal 2020, anno in cui ho cominciato a collaborare con Fondazione ANT Italia per la terapia e il supporto psicologico a pazienti e caregivers nel contesto delle malattie oncologiche.

